“L’infermieristica all’interno della comunità scolastica costituisce il riferimento comunitario per l’assistenza di bambini/adolescenti e delle loro famiglie, in collaborazione con l’equipe curante (Pediatri di Libera Scelta, Medici di Medicina Generale, Servizi di Cure Domiciliari), in sinergia con le Strutture territoriali di cura e i centri di Prevenzione e Promozione alla Salute.
Le professioni infermieristiche hanno nella comunità scolastica il proprio campo di applicazione nella rilevazione precoce dei bisogni di salute, nell’orientare e indirizzare lo studente e la famiglia verso i percorsi, più appropriati, e diventare così nodo della rete di cura”.
Questo l’incipit del Position Statement (VISIBILE A QUESTO LINK) realizzato dal Comitato centrale FNOPI e dalle Commissioni d’Albo di infermieri e infermieri pediatrici della Federazione per inquadrare, definire e articolare il tema dell’Infermieristica e Scuola.
Il Position, dopo la necessaria premessa che indica le motivazioni e l’importanza anche a livello internazionale dell’infermieristica in ambito scolastico, si articola in capitoli operativi e descrive anche la normativa di riferimento: nuovi bisogni di salute; cura, inclusione e salvaguardia dei diritti; la complessità dei bisogni di salute; la salute mentale, i comportamenti borderline e le nuove dipendenze; le competenze specifiche delle professioni infermieristiche nella scuola.
L’infermieristica nella comunità scolastica, spiega il Position, introduce un modello di interdisciplinarità che integra il mondo della formazione ed educazione con la presenza sistematica delle professioni infermieristiche, che occupandosi dei bisogni di salute in tutte le fasce di età evolutiva, può sicuramente dar seguito all’implementazione dei determinanti di salute e alle necessità di assistenza.
La presa in carico degli assistiti, ancor più se fragili e dipendenti come nell’infanzia, deve prevedere un modello che si caratterizzi per la capacità di porli al centro, puntando all’integrazione e alla personalizzazione. Accogliendo tale modello la Scuola prevedrebbe l’attivazione di attività di counselling in team che includano vari professionisti (infermieri/infermieri pediatrici, assistenti sanitari, psicologi, nutrizionisti/dietisti, ostetriche, educatori, ecc.) ognuno con il proprio ruolo all’interno di un percorso integrato, in grado di affiancare il percorso educativo in sinergia, al bisogno, con competenze specialistiche.
L’infermieristica nella comunità scolastica, secondo il Position, sistematizzata all’interno del percorso di studi, pianifica un’accoglienza e un accompagnamento ai bambini-ragazzi portatori di patologia, come supporto in rete alla famiglia e agli insegnanti, assicurando continuità e appropriatezza delle cure (es. somministrazione di farmaci, gestione presidi, ausili o dispositivi), favorendo il permanere del grado di benessere compatibile per la frequenza costante nella comunità. Inoltre, contribuisce all’empowerment dello studente con patologia e all’educazione a corretti stili di vita alla comunità degli studenti, riducendo di fatto gli episodi di assenza ripetuta a svantaggio dell’apprendimento e dell’integrazione sociale del bambino-ragazzo nella comunità dei pari.
L’infermieristica nella comunità scolastica, inoltre, si inserisce per competenza nei programmi di educazione sanitaria collettiva, ovviamente integrata al piano di studi e ai progetti di formazione, finalizzati a far conoscere e riconoscere i problemi e i comportamenti rilevabili, per esempio in tema di uso e abuso di sostanze psicotrope o alcool, con lo scopo di migliorare il grado di consapevolezza e favorire il principio di responsabilità della comunità sul benessere proprio ed altrui.
Gli interventi educativi devono considerare anche: la salute correlata alla sessualità, la protezione della fertilità, la salute nell’alimentazione correlata all’immagine del sé, la salute nello sport e la salute in relazione all’uso del digitale e dei social media (cyberbullismo, ludopatie).
Queste attività hanno come obiettivo, tra l’altro, di esprimere una funzione privilegiata di osservatorio sul campo per il monitoraggio dei fenomeni giovanili, in raccordo con gli istituti deputati alla stesura dei piani di prevenzione e interventi di promozione di sani stili di vita.
Le professioni infermieristiche, spiega ancora il Position, hanno competenze pronte e immediatamente spendibili nel contesto scolastico, per agire quella prossimità comunitaria, tanto enfatizzata nei nuovi obiettivi di salute. L’infermiere nella scuola, l’Infermiere di famiglia e comunità (Ifec), agisce proattivamente a garanzia della salute e dei bisogni assistenziali degli alunni (e del personale docente) preso atto che in Italia ci sono circa 338mila alunni con disabilità che necessitano di assistenza, allertando e attivando in caso di necessità la famiglia e i servizi territoriali preposti.
In questo modo, si potranno stabilire obiettivi assistenziali prioritari quali ad esempio sviluppare un piano di assistenza nell’ambiente scolastico, assicurare assistenza infermieristica all’interno della scuola, contribuire allo sviluppo del piano di prevenzione e promozione della salute in rete con le Strutture territoriali di riferimento (DM 77/2022), promuovere un ambiente scolastico sano, collaborare alla formazione di studenti infermieri nel contesto scolastico.
“In relazione a quanto descritto – conclude il Position – è auspicabile possedere competenze di leadership, competenze assistenziali, competenze di educazione alla salute e competenze di formazione e ricerca specifiche pertinenti al contesto scolastico”.
Tratto da: www.quotidianosanita.it
A lanciarlo, mentre è all’esame in Senato il Ddl Zaffini sulla riforma dell’assistenza psichiatrica sul territorio, il Collegio Nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale. Servono, tra le vari priorità, strategie di prevenzione e screening nella popolazione, soprattutto tra i più giovani, maggiore integrazione tra i servizi dell’infanzia, dell’età adulta e delle dipendenze
Da Cenerentola della sanità pubblica, a fantasma nei lavori del G7 Salute, stretta tra risorse economiche scarse, poco personale e una crescita del disagio psichico, la salute mentale è sempre più in affanno, con una preoccupante quota di sommerso, ovvero di italiani che dovrebbero esser seguiti dai servizi di cura e non lo sono, pari a circa a due milioni di persone.
A lanciare l’allarme, in vista della Giornata Mondiale, sono i Dipartimenti di Salute Mentale che, con 150 incontri previsti in tutta Italia, chiedono risorse adeguate e un aumento dell’organico per un rinnovato modello organizzativo e dei rapporti con l’Autorità Giudiziaria, mentre in Senato è stato avviato, con un ciclo di audizioni, l’esame del disegno di legge Zaffini che ha l’obiettivo di riformare l’assistenza psichiatrica sul territorio.
In Italia 2 milioni di persone senza cure: a pagare il prezzo più alto bambini e ragazzi. A parlare del sommerso sono i numeri: “Secondo le stime epidemiologiche, a soffrire di disturbi psichici, sarebbe almeno il 5% della popolazione, pari a circa 3 milioni di persone, percentuale che sale al 10% se si includono anche i disturbi più lievi, come ad esempio gli attacchi di panico - osserva Giuseppe Ducci, Vicepresidente del Collegio Nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze Patologiche della ASL Roma 1 -. Le persone con disturbi mentali prese in carico nel 2023 dai servizi sanitari pubblici sono state in Italia oltre 770mila, pari all’1,5% della popolazione. Ciò significa che, considerando solamente i disturbi più gravi, c’è un 3,5% di persone, equivalente a oltre due milioni di cittadini, che non ha accesso ai servizi. A pesare è la paura dello stigma, ma anche la difficoltà stessa delle strutture nel prenderli in carico e a pagare il prezzo più alto sono le categorie più fragili. Le fasce sociali più svantaggiate, donne, anziani, ma soprattutto bambini e adolescenti, sempre più vittime delle dipendenze da sostanze, ansia, depressione, e disturbi del neuro-sviluppo che nel 50% dei casi risalgono già alla gravidanza”.
Le aree di intervento prioritarie “La salute mentale in Italia ha fatto significativi passi avanti a partire dalla Legge 180, conosciuta come Legge Basaglia, di cui si festeggiano quest’anno i 100 anni dalla nascita, che ha promosso un approccio comunitario, fondato sul rispetto della soggettività e dei diritti della persona - afferma Fabrizio Starace, Presidente del Collegio Nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Modena -. Tuttavia, i cambiamenti sociali ed epidemiologici degli ultimi decenni e la nascita di nuovi bisogni, come ad esempio il dilagare dell’abuso di sostanze e dei disturbi dello spettro autistico, impongono di rilanciare e ridisegnare i DSM per aggiornare e migliorare la qualità dell’assistenza psichiatrica in tutte le fasce di età a partire da quella neonatale, con un aumento delle risorse e di investimenti sul personale per un nuovo modello organizzativo dei DSM che includa i servizi per l’età evolutiva e per le dipendenze, presenti solo nella metà dei dipartimenti”.
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Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: