La situazione dell'assistenza secondo il XVI Rapporto di Cittadinanzattiva. Le proposte FNOPI: strutturare un'assistenza in funzione dei bisogni di continuità dei cittadini con presenza dei professionisti sul territorio, affrontare e risolvere la questione organizzativa per tutelare i cittadini e allineare le rinnovate responsabilità degli infermieri
"Non ci stupiscono i dati rilevati nel Rapporto di Cittadinanzattiva 'Cittadini con cronicità, molti atti , pochi fatti': è da tempo ormai che la Federazione degli infermieri sta agendo e sta cercando di far agire le istituzioni che ne hanno la responsabilità nel senso di dare un nuovo sviluppo all'assistenza sul territorio. E lo fa proprio per quelle fasce più deboli della popolazione che hanno denunciato nell'81,5% dei casi, secondo il Rapporto, l'assenza di considerazione per i bisogni psicosociali dell'individuo, al quale , famiglia e caregivers compresi, non è garantito nel 73,8% dei casi alcun sostengo e coinvolgimento educativo oltre che di assistenza clinica."
Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), che rappresenta gli oltre 440mila infermieri presenti sul territorio italiano, sottolinea la vicinanza della sua categoria professionale alle persone che sempre con maggiore frequenza devono affrontare sul territorio problemi di cronicità, non autosufficienza, plurimorbilità.
E lo devono fare pressoché da sole, vista l'assenza di un'organizzazione efficace che nonostante sulla carta (ad esempio col Piano nazionale cronicità, come sottolinea anche il Rapporto di Cittadinanzattiva) abbia previsto strutture e assistenza anche per quella che viene definita la bassa intensità di cura e che altro non è se non la continuità assistenziale sul territorio dopo l'acuzie curata nell'ospedale, non vede nulla ancora di realmente attivo se non in alcune Regioni benchmarck.
Questo soprattutto per l'ennesimo tira e molla tra professioni che non vogliono cedere posizioni acquisite, ma ormai obsolete, a favore del nuovo modello multidisciplinare e interdisciplinare di assistenza che la nuova epidemiologia legata all'età e ai bisogni della popolazione rende inevitabile.
"Ci rendiamo conto pienamente dei bisogni dei cittadini – aggiunge Mangiacavalli – tanto che abbiamo costituito nel 2017 una 'Consulta permanente delle associazioni dei pazienti e cittadini', di cui fa parte anche Cittadinanazattiva, perché esista un luogo di confronto e comunicazione permanente tra infermieri, associazioni dei pazienti e cittadini e perché possa avere con la collaborazione di chi porta con se i bisogni di salute più seri e insoluti una funzione propositiva per le azioni future della categoria.
I cittadini vogliono gli infermieri e lo hanno detto chiaro pochi mesi fa nei primi risultati dell'Osservatorio civico FNOPI-Cittadinanzattiva, in cui gli infermieri si sono messi in gioco per verificare sul campo l'opinione delle persone verso di loro. I cittadini hanno esplicitamente dichiarato che gli infermieri sono pochi e che oltre a intensificare la loro assistenza in ospedale, sul territorio vorrebbero essere assistiti da un infermiere nella farmacia dei servizi (65,55%), poter scegliere/disporre di un infermiere di famiglia/comunità come con il medico di medicina generale (78,61%), avere la possibilità di consultare un infermiere esperto in trattamento di ferite/lesioni cutanee (86,09%), avere un infermiere disponibile anche nei plessi scolastici per i bambini/ragazzi che ne potrebbero avere bisogno (84,08%).
Per quanto riguarda il Piano cronicità a cui il Rapporto di Cittadinazattiva fa ampiamente riferimento, è evidente che "tutti i ruoli professionali – spiega Cosimo Cicia, componente del Comitato centrale della Federazione FNOPI, intervenuto alla presentazione del Rapporto - dovranno adattarsi ai nuovi percorsi che fanno parte di compiti e ruoli che gli infermieri svolgono ogni giorno, sono caratteristici della loro professionalità e della loro mission di 'prendersi cura' delle persone. Non dimentichiamo l'evoluzione che proprio in questo senso sta avendo la figura ad esempio dell'infermiere di famiglia in molte Regioni benchmark e anche di quello di comunità, utili proprio a rispondere ai bisogni dei cittadini, anche se la carenza di organici non aiuta uno sviluppo veloce di queste figure".
Gli infermieri rilanciano le loro proposte. "La prima – spiega Cicia - è strutturare un'assistenza in funzione dei bisogni di continuità dei cittadini con presenza dei professionisti sul territorio, affrontare e risolvere la questione organizzativa per tutelare i cittadini e allineare le rinnovate responsabilità degli infermieri, ridisegnando anche i modelli organizzativi, promuovere lo sviluppo di percorsi di presa in carico nell'ambito della cronicità sul territorio, consolidare la sinergia tra gli ordini professionali e con le altre professioni per il perseguimento di obiettivi comuni tra cui anche quello fondamentale della sicurezza dei professionisti e di conseguenza degli stessi assistiti".
La Federazione degli infermieri ha calcolato che per far fronte nell'immediato al bisogno di salute sul territorio delle persone con patologie croniche e non autosufficienza, oltre ai medici di medicina generale per quel che attiene alla diagnosi e alla terapia, servono per l'assistenza continua di cui questi soggetti hanno bisogno almeno 31mila infermieri (uno ogni 500 persone con queste caratteristiche, che in Italia sono oltre 16 milioni).
Analogamente in ospedale, per far fronte alle carenze create dalle manovre legate a tagli e risparmi e per rispettare i parametri dettati dalle norme europee su turni e orari di lavoro, servono almeno altri 21mila infermieri, ricomponendo anche le carenze create dai vari blocchi del turn over.
"Lo scenario da ricercare – ha detto Cicia - è quindi quello di una 'trasformazione strutturale' nell'organizzazione del lavoro che deve lasciare spazio a figure che, in linea con quanto indicato dagli organismi internazionali, si occupano dell'assistenza".
"Dobbiamo riuscire – prosegue - ad aumentare rapidamente il rapporto infermieri/medici per accompagnare l'evoluzione dei bisogni e migliorare appropriatezza e sostenibilità del sistema, soprattutto nelle Regioni in cui demografia ed epidemiologia rendono il gap tra bisogni e offerta più ampio.
Una soluzione di breve periodo, che consentirebbe una giusta programmazione delle risorse e l'espletamento delle funzioni richieste sul territorio e sulla continuità assistenziale, sarebbe quella di investire sull'autonomia infermieristica, per dare da subito risposte concrete, di qualità e di sicurezza alla popolazione. Competenze che consentirebbero un miglior sviluppo di strutture a bassa intensità di cura (ospedali di comunità, reparti a gestione infermieristica, percorsi autonomi di trattamento dei casi minori nei Pronto Soccorso ecc.), permettendo un maggiore raccordo tra ospedale e territorio, abbattendo le liste di attesa e consentendo di venire incontro a un maggior numero di bisogni dei cittadini".
"Il rapporto coi pazienti – conclude Cicia nel suo intervento alla presentazione del Rapporto - è per noi un elemento valoriale importante della professione e del suo 'patto col cittadino' che da anni la caratterizza. Nel nostro Codice deontologico l'elemento portante è il ruolo della professione legato all'ideale di servizio che è quello di assistere la persona. Per noi è essenziale – ha proseguito - avere una relazione privilegiata con le persone, per comprendere come ci vedono e come possiamo soddisfare nel modo migliore i loro bisogni di salute. Il Servizio sanitario è ancora troppo centrato sull'acuzie, ma i bisogni di salute stanno rapidamente cambiando e già si sono modificati. Sono aumentati gli anni di vita, ma non in buona salute purtroppo - conclude - e lavorare sulle competenze e sulle capacità degli infermieri rappresenta un modo proattivo di vedere la professione secondo l'alleanza che abbiamo stretto con loro per conoscere e soddisfare i loro veri bisogni".
LA SINTESI DEL RAPPORTO CITTADINANZATTIVA
Cosa dice il rapporto
Dal Rapporto di Cittadinanzattiva emerge che secondo il 35,7% delle associazioni non si fa prevenzione e solo per il 19% questa riguarda bambini e ragazzi. A promuovere programmi di prevenzione sono le stesse associazioni nel 98% dei casi. Oltre il 73% denuncia ritardi nella diagnosi, imputabili alla scarsa conoscenza della patologia da parte di medici e pediatri di famiglia (83,7%), sottovalutazione dei sintomi (67,4%), mancanza di personale specializzato e di centri sul territorio (58%).
Secondo il Rapporto è del tutto carente l'integrazione tra assistenza primaria e specialistica (lo denuncia il 95,8%), così come la continuità tra ospedale e territorio (65,1%) e l'assistenza domiciliare (45,8%). L'integrazione sociosanitaria e i Percorsi diagnostici-terapeutici sono attuati solo in alcune realtà (rispettivamente per il 52,2% e il 43,9%). Laddove esistono i PDTA, solo la metà delle persone si sente realmente inserita in un percorso di cura. Ma quando il PDTA si traduce in azioni concrete, gli effetti positivi non mancano: prenotazione automatica di visite ed esami (50%), meno costi diretti (28,5%), diminuzione delle complicanze (21,4%).
Per i soggetti più complessi, portatori di più patologie, è previsto, invece, il Piano di cura personalizzato, anche questo poco presente solo in alcune realtà (23%). L'aspetto, poi, più paradossale è che il piano dovrebbe essere, appunto, personalizzato, ma nella metà dei casi il paziente e/o il caregiver non viene coinvolto.
I registri sono diffusi in tutte le Regioni solo per il 19,3% del campione e il 37,5% segnala che non esiste un registro della propria patologia. Dove sono presenti, questi registrano soprattutto dati relativi a farmaci e dispositivi utilizzati dai pazienti, mentre vengono per lo più ignorati i bisogni socioeconomici e sociosanitari.
L'emanazione dei nuovi Lea, per oltre il 55%, non ha prodotto cambiamenti rilevanti per la propria patologia, perché, in oltre un quarto dei casi (26,2%), di fatto non è stato attuato quanto previsto dalla legge.
Per quanto riguarda l'assistenza ospedaliera, la metà denuncia lunghe liste di attesa per essere ricoverato, la distanza dal luogo di cura, la mancata predisposizione della dimissione protetta. Sul territorio, le carenze sono evidenti: al primo posto i tempi di attesa, segnalati dal 90%, per accedere alle strutture riabilitative, alle lungodegenze o RSA, alle strutture semiresidenziali.
Nel caso di Rsa e lungodegenze, il Rapporto segnala la mancanza di équipe multiprofessionali (55%), i costi eccessivi per la retta (50%), la necessità di pagare una persona per assistere il malato (45%); nei centri diurni per attività terapeutico-riabilitative, spesso la riabilitazione è a totale carico del cittadino (44,4%) ed i tempi di permanenza sono troppo brevi per raggiungere il grado di riabilitazione necessario (44,4%).
Non va meglio per l'assistenza domiciliare: in questo caso, infatti, il numero di ore di assistenza erogate risulta insufficiente (61,9%), manca l'assistenza psicologica e quella di tipo sociale (57,1%) è di difficile attivazione e spesso viene negata (52,3%).
Un modello di gestione orizzontale, dove i professionisti si assumano le loro responsabilità, secondo ruoli e competenze, per perseguire gli obiettivi di salute che essi stessi definiscono. È questo il progetto comune a medici e infermieri emerso dall'incontro tra Fnopi e FnomCeO
Un modello di gestione orizzontale, dove i professionisti si assumano le loro responsabilità, secondo ruoli e competenze, per perseguire gli obiettivi di salute che essi stessi definiscono.
È questo il progetto comune a medici e infermieri, così come emerso dall'incontro a Roma, presso la sede della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri tra i vertici della stessa Fnomceo e quelli della Fnopi, la Federazione degli Ordini delle Professioni Infermieristiche. Le due Federazioni insieme rappresentano oltre ottocentomila professionisti della salute, dei quali circa la metà lavora nel Servizio Sanitario Nazionale.
E' una vera e propria alleanza medici-infermieri per difendere un SSN che rischia di avere problemi non solo occupazionali ma anche di carattere etico e morale - chi cura il cittadino? – è quella siglata oggi nell'incontro.
"Un grande cittadino ha bisogno di un grande medico e un grande infermiere, che lavorino in un grande sistema che non può essere quello attuale. – hanno affermato i rappresentanti delle due Federazioni, in piena sintonia di intenti -. Abbiamo la necessità che il sistema si ammoderni, cogliendo quelle che sono le evoluzioni delle professioni, comprese quelle sanitarie, e in particolare quelle infermieristiche".
Anche gli infermieri sono quindi stati coinvolti nel processo di cambiamento che culminerà negli Stati Generali del 2019: il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, ha chiesto alla presidente della Fnopi, Barbara Mangiacavalli, il contributo degli infermieri per ridefinire i ruoli e i rapporti tra le due professioni.
Tra i temi comuni su cui lavorare, la sicurezza degli operatori sanitari, l'armonizzazione dei ruoli, un'iniziativa congiunta per la celebrazione dei quarant'anni del Sistema Sanitario Nazionale.
Il Centro di ascolto è attivo dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 18 al numero 06 8416464. Psicologi e psicoterapeuti hanno l'obiettivo quotidiano di rispondere in modo mirato e personalizzato ai bisogni emersi durante la telefonata, sulla base delle richieste. Offrono sostegno psicologico, informazioni e orientamento durante la malattia e nei momenti di crisi
La cultura del sollievo è non solo una necessità, ma un dovere morale e fare si che essa si propaghi e venga compresa è un compito non solo meritorio dal punto di vista umano, ma professionalmente caratterizzante per chi ha deciso di dedicare la sua vita al prendersi cura.
Lo sanno gli infermieri, per i quali non c'è momento più forte nell'assistenza ai malati di quello della terapia del dolore, del sollievo, in cui i professionisti mettono in campo oltre le loro competenze cliniche, manageriali, la capacità di caring, di prendersi cura e non solo del paziente, ma di tutta la sua famiglia che con lui vive questi momenti, di prendersi cura della persona nella sua globalità (anche sociale) e autonomia. L'attenzione si focalizza sull'individuo piuttosto che sulla malattia, per privilegiare la sua qualità della vita.
Ma lo sanno anche i malati che al di là delle necessità clinico-assistenziali hanno spesso bisogno di sostengo in momenti così difficili – i più difficili - della loro vita.
E lo sa la Fondazione Gigi Ghirotti, che sentendo la necessità di colmare il vuoto che purtroppo si crea nel momento in cui non c'è il presupposto per l'assistenza e la terapia del dolore, ha messo a disposizione dei pazienti oncologici e dei loro familiari, una rete di supporto di sostegno all'assistenza e indirettamente agli operatori sanitari che quotidianamente sono a fianco del paziente e della famiglia: un alleato ulteriore e necessario a fianco di ogni elemento della realtà oncologica.
Si tratta del Centro di ascolto, attivo dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 18 al numero 06 8416464, dove psicologi e psicoterapeuti hanno l'obiettivo quotidiano di rispondere in modo efficace, mirato e personalizzato ai bisogni emersi durante la telefonata, sulla base delle richieste formulate da chi chiama. Offrono sostegno psicologico, informazioni e orientamento, sia durante il decorso della malattia, sia nei momenti di crisi.
Il Centro di ascolto presenta le seguenti caratteristiche:
• gratuità del servizio;
• facile ed immediato accesso al servizio da tutto il territorio (raggiungibile anche dai centri più piccoli e più distanti dalle strutture sanitarie);
• accessibilità da parte di persone con difficoltà a spostarsi dal proprio domicilio o dal luogo di cura (per es. malati allettati, ricoverati o in condizione di malattia avanzata e/o terminale)
• possibilità di usufruire del sostegno in qualunque momento della giornata, negli orari di apertura
del servizio, senza necessità di preventivo appuntamento;
• possibilità di avere un supporto psicologico in base al bisogno e ai tempi della persona;
• semplice fruibilità da parte di familiari che per varie ragioni hanno difficoltà ad allontanarsi dal
congiunto malato;
• presa in carico di malati e loro familiari, su tutto il territorio nazionale, per le quali altrimenti non è previsto un percorso di supporto psicologico (ad es. diagnosi, follow-up, ecc);
• possibilità di garantire l'equilibrio tra vicinanza e distanza emotiva per stabilire una relazione
di fiducia e apertura con lo psicologo.
Dare il numero del Centro di Ascolto, offre la possibilità di ricevere informazioni/orientamento sulle risorse sociali e sanitarie nazionali per l'assistenza in ambito oncologico, antalgico e nelle Cure palliative.
Per offrire queste informazioni il Centro è dotato di banca dati sempre aggiornate e verificate. In tal modo si configura come uno dei nodi della rete delle risorse pubbliche, del privato sociale e del volontariato, presenti sul territorio nazionale, ponendosi come un nodo strategico all'interno della rete di assistenza, del sistema-famiglia e dell'esperienza che il malato oncologico vive.
La persona che chiama non passa attraverso un centralino ma contatta da subito uno psicologo, in grado di ascoltarla e aiutarla a individuare i bisogni profondi per poi dare una risposta e se la persona lo vorrà potrà essere sostenuta costantemente nel lungo tunnel della malattia.
E gli infermieri conoscono bene l'importanza della continuità e dell'interdisciplinarità dell'assistenza, del prendersi cura: l'attenzione è sistematicamente focalizzata sulla persona piuttosto che sulla malattia.
Le cure palliative si propongono come un processo terapeutico finalizzato non solo al controllo dei sintomi, ma, soprattutto, alla difesa e al recupero della migliore qualità di vita possibile, attuando interventi terapeutici mirati a coinvolgere anche la sfera psicologica, sociale e spirituale.
La Fondazione Gigi Ghirotti (www.fondazioneghirotti.it) è un'associazione di volontariato sorta nel 1984 per alleviare il dolore nei malati di tumore. Svolge la sua attività prevalentemente a casa del malato. Dal 1994 l'attività domiciliare è stata estesa anche ai malati di Aids. Dal 2002 gestisce due Hospice a Genova-Bolzaneto e a Genova-Albaro per pazienti che non possono essere più assistiti a casa. Dal 2010 è iniziato il processo di assistenza ai pazienti affetti da Sla (sindrome laterale amiotrofica).
L'Associazione è un'organizzazione non lucrativa di utilità sociale, giuridicamente riconosciuta e iscritta al Registro Regionale delle Organizzazioni di Volontariato. Opera in campo sanitario attraverso operatori professionali retribuiti che impegna nei diversi ruoli (medici, infermieri, operatori socio-sanitari, psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali). Ogni prestazione offerta dall'Associazione ai malati e alle loro famiglie è gratuita. Le spese sono sostenute con i contributi delle istituzioni sanitarie pubbliche e con le donazioni private.
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: