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SOS INFERMIERI ORDINI PROFESSIONALI IN CORO: “SUBITO UN PIANO PER ASSUMERE”

presidenti-Opi-Abruzzo-1-696x412In Abruzzo mancano 1.759 infermieri e questo numero è destinato a crescere, «sia per la disponibilità dei posti universitari sia perché questa professione sta diventando sempre meno attrattiva, non essendo valorizzata in termini di crescita professionale ed economica». È l’allarme lanciato all’assessore regionale alla Sanità Nicoletta Verì dai rappresentanti degli Ordini delle professioni infermieristiche, vale a dire Irene Rosini (Pescara), Giancarlo Cicolini, Maria Luisa Ianni (L’Aquila), Cristian Pediconi (Teramo). Al tavolo permanente di confronto, istituito a seguito di un protocollo di intesa e riunito, per la prima volta, due giorni fa,hanno partecipato il direttore dell’Agenzia sanitaria, Pierluigi Cosenza, e la funzionaria Silvana Peluso per il Diparimento Salute e Welfare presso la Commissione Salute del ministero. Sono diverse le richieste avanzate, racchiuse in una mozione d’intenti, che gli ordini chiedono alla Regione di sostenere sia nella Commissione Salute che nella Conferenza Stato Regioni. Si chiede cioè di «intervenire sulla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome, per trovare soluzioni utili a disegnare un reale piano di assunzioni e adeguare e uniformare gli stipendi degli infermieri a quelli europei», visto che i compensi italiani sono superiori solo a quelli di Grecia ed Estonia. Si chiede poi «la stabilizzazione del personale infermieristico, come previsto dalla Legge finanziaria e la Regione deve attivarsi nei confronti del governo affinché sia valutato il superamento del vincolo di esclusività, in un percorso di valorizzazione complessiva del ruolo. Sempre al Governo va sollecitata la valorizzazione della figura professionale dell’infermiere anche nell’ambito della didattica universitaria, per sviluppare opportunità di crescita professionale e di carriera, in funzione della specializzazione. Da definire, poi, un percorso per individuare forme di incentivazione economica regionale per una reale e meritoria valorizzazione salariale e professionale» tanto più che durante la fase emergenziale gli infermieri hanno ricevuto «solo dei benefit temporanei nel 2020». L’assessore si è mostrata «pienamente disponibile» ad accogliere le richieste degli Ordini che puntano molto «sulla riorganizzazione territoriale, in base a quanto previsto dal Pnrr, e sulla implementazione dell’infermiere di famiglia».

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GESTIONE DEI FARMACI IN SALA OPERATORIA: IL PROCESSO DI ETICHETTATURA IN SICUREZZA

pompa siringaINTRODUZIONE
La maggior parte degli eventi avversi prevenibili si annida nel processo terapeutico, che deve essere quindi presidiato come possibile fonte di rischio in tutte le sue fasi, dalla prescrizione alla somministrazione (Ministero della Salute, 2008).
Nell’articolato processo che va dalla prescrizione alla somministrazione di un farmaco, i momenti di errore potenziale sono molteplici e la fase labelling, ovvero di etichettatura, è da molto tempo considerata una tappa importante nella gestione della sicurezza (Centro Gestione Rischio Clinico – Regione Toscana, 2018) soprattutto riguardo ai farmaci somministrati per via endovenosa mediante infusione lenta.
Molta attenzione è stata posta sulla fase di preparazione del farmaco e sono state introdotte nel tempo alcune pratiche di sicurezza volte a ridurre i possibili rischi connessi (es. colore diversificato delle etichette) (SIAARTI, 2019).
 
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IL TEMPO DI RELAZIONE È TEMPO DI CURA: LO SGUARDO DI SLOW MEDICINE.

tempo di curaA questo punto, non mi resta che sedermi accanto a lei e chiederle: “Cos’è che ti fa tanto soffrire? Io ti ascolto e farò il possibile per aiutarti”. È l’incantesimo della parola. Andreina si calma improvvisamente e risponde con voce flebile: “Vorrei scendere dal letto, sono abituata a muovermi, non ce la faccio più”. Succede qualcosa tra di noi, sento che c’è intesa. Io abbasso le sponde e le porgo le braccia per aiutarla a sollevarsi, lei fa il cenno di baciarmi le mani, coperte dai guanti. Che sia questa la relazione di Cura? Penso dentro di me. Tutto diventa semplice: bastano pochi sguardi di complicità ed ecco che Andreina recupera la capacità di stare seduta sul letto.

Lo stralcio di questa narrazione, ricavata da una delle Storie Slow pubblicate settimanalmente sul sito internet di Slow Medicine, ci ricorda che l’essere in relazione costituisce un fondamento ontologico per le professioni di cura; la relazione, infatti, precede e accompagna la cura; senza relazione la cura non è caring, ma curing, ovvero trattamento, tecnica (Manara, 2012). Anche Benner (1984) afferma quanto la relazione sia il motore fondante per la cura e la guarigione: “non si capisce bene perché tanto spesso, per spiegare una guarigione, si sia dato un credito immeritato ai fattori tecnologici, mentre la causa reale aveva a che fare molto di più con una relazione terapeutica”.
La relazione di cura è dunque dimensione costitutiva dell’essere e si situa in un tempo e in uno spazio. Significativo, a tal proposito, è il ritrovare nel Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche, espliciti riferimenti al fatto che il tempo della relazione è tempo di cura (FNOPI, 2019).
‘Il tempo guarirà tutto. Ma che succede se il tempo stesso è una malattia?’. Così citava Wim Wenders nel suo film “Il cielo sopra Berlino”, che nulla apparentemente ha a che fare con la presente riflessione, ma che aiuta a fornire un quadro di lettura di una variabile importante che influenza la relazione di cura: il tempo.
Il tempo è cura quando è attenzione, ascolto, riflessione sull’agire; quando invece viene rincorso e riempito da attività che si susseguono freneticamente senza lasciare spazio alla consapevolezza del senso di quel tempo speso e al pensiero che lo accompagna, diventa malattia.
Oggi il tempo della cura rischia di ammalarsi, e se ne ha particolare riscontro in questo periodo storico caratterizzato dalla velocità del fare, da una mission dei luoghi tradizionali di cura (in primis l’ospedale) fortemente influenzata da una dimensione temporale ‘fast’, nella quale la misura del tempo è legata a parametri oggettivi e prestazionali.

Viviamo un’epoca frenetica, corriamo sempre, corriamo tutti, dimenticando spesso la domanda principale che dovremmo porci: “per andare dove?” Così Giulio mi ha insegnato quanto preziosi erano stati qui venti minuti che avevo dedicato a pensare prima di fare, ad andare oltre la superficie di una frettolosa raccolta del consenso e dell’anamnesi. Quel tempo non sono non era stato perso, ma era stato impiegato! Meglio.
(Il tempo di relazione è tempo di cura)

IL TEMPO ETERNO, MISURATO, PROPIZIO
Diviene importante dunque riflettere sul senso del tempo di cura, anzitutto comprendendo le diverse connotazioni di significato che il tempo assume.
Le prime riflessioni su questo aspetto della vita giungono da Eraclito, uno tra i maggiori pensatori presocratici, il quale sosteneva che il tempo fosse rappresentato da tre figure: l’Aiòn, Chronos e Kairòs. Secondo Eraclito l’Aiòn rappresenta il tempo eterno, il tempo della vita dei mortali, nonché la durata, l’estensione e la misura della vita stessa. Il Chronos invece è il tempo misurato ed oggettivo percepito come successione di istanti, ore e giorni che scorre, rovina, distrugge e divora l’esistenza dell’uomo. Il terzo elemento di questa tripartizione è rappresentato dal Kairòs cioè l’opportunità, il momento propizio. Per Kairòs Eraclito intende quell’istante in cui si apre una porta nella vita dell’uomo, che però deve avere il coraggio e la forza di attraversarla (Zaccaria Riggiu, 2006).
Tra gli eventi che possono far mutare l’esperienza di tempo, la malattia è certamente uno di quelli che maggiormente porta a riflettere sul significato e sul valore dello stesso. Essa, infatti, rappresenta non tanto un istante isolato lungo la linea del tempo vissuto ma un cambiamento che prende parte alla narrazione della vita di ognuno e che deve essere considerato in opposizione agli orizzonti di passato e futuro (Giuliani et. al., 2015).
Il tempo della malattia è per eccellenza il tempo enigmatico della sfida: il tempo in cui la vita sembra tradire le sue promesse e le nostre attese, in cui la fiducia originaria nella bontà dell’esistenza è altrettanto facilmente rimessa in dubbio. È il tempo della crisi, in cui si sperimenta di essersi sbagliati, traditi dal proprio corpo e dalla vita stessa. Il tempo della malattia coincide anche con il tempo della cura, ed è dunque un tempo essenzialmente condiviso (Biancu, 2014)

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