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Dispositivi medici: “Si all’infermiere prescrittore”, affermano le associazione di cittadini-pazienti

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“L’infermiere stomaterapista, l’infermiere uro-riabilitatore o un fisioterapista, a nostro parere se lavorano in una struttura ospedaliere del SSN o Regionale e hanno fatto corsi ad hoc o master specifici, acquisendo una specifica competenza nel merito, possano e devono poter prescrivere sacche, placche, cateteri, cannule tracheali, ecc. Questo è il nostro libero pensiero in questa nuova fase pandemica, socio-assistenziale e terapeutica per l’applicazione dei PDTA. D’altronde, in Inghilterra l’infermiere uroriabilitatore da oltre trent’anni prescrive questi prodotti e i medici non si sono mai lamentati, anzi”.

Non ha dubbi Francesco Diomede, presidente FINCOPP, la Federazione Italiana Incontinenti e Disfunzioni del Pavimento Pelvico, intervistato da “L’Infermiere”, periodico on line della FNOPI, sulle problematiche legate alla fornitura dei dispositivi medici per i cittadini-pazienti con particolari patologie.

“Oggi – aggiunge – la nostra Federazione come anche la FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), la FISH, la FAIP, l’A.I.Stom (Associazione Italiana Stomizzati), ne sono convinti”.

E parlando di dispositivi medici Diomede sottolinea che “La ‘libera scelta del prodotto più appropriato’ e che le Centrali Acquisto indicano gare d’appalto tramite Accordi Quadro multifornitori, in sintesi nessun prodotto può e deve essere escluso dall’Accordo. Anche perché le Aziende di settore sono pochissime. Inoltre, chiediamo – aggiunge – di essere almeno auditi prima di ogni bando gara. Alla qualità deve essere assegnato un punteggio minimo del 90% e sui prodotti consegnati l’utenza deve poter effettuare audit civici di gradimento. Oggi su pannoloni e traverse in molte Regioni viene consegnata roba da quarto mondo, una vera vergogna nazionale e questo accade anche nel ricco mondo nord Italia, basta vedere quello che ha fatto la Regione Lombardia con ARIA”.

Stessa lunghezza d’onda per Vincenzo Falabella Presidente FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e FAIP (Federazione Associazioni Italiane Paratetraplegici): “Noi paraplegici – afferma – siamo ancor più penalizzati rispetto alle persone stomizzate perché spesso le Centrali Acquisto e talune” ASL tentano sempre di assegnare/consegnare all’utenza il ‘catetere che costa meno’ e senza libera scelta”. www.fnopi.it

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1,5 milioni di orfani da pandemia nel mondo. Le vittime silenziose del virus

ORFANO

Oltre quattro milioni di morti, per di più sottostimati, sono legati a Covid-19 negli ultimi due anni. Una cifra enorme e spaventosa, a cui si vanno ad aggiungere i circa 1,5 milioni di bambini resi orfani dalla pandemia. Una stima realizzata e pubblicata su Lancet e Bmj che apre un’ulteriore ferita nel tempo attuale.

Una persona sotto i 18 anni perde un genitore o caregiver per Covid ogni 12 secondi, secondo lo studio, e l’intervallo di tempo continua a restringersi. Una delle autrici principali dello studio, la dottoressa Susan Hillis del team di risposta a Covid-19 dei CDC statunitensi, ha dichiarato: «Per ogni due decessi dovuti a Covid nel mondo, un bambino resta solo ad affrontare il lutto. Una conseguenza che stiamo trascurando adesso».

Ancora peggio nei paesi poveri, lo studio in comune
Lo studio non è solo di matrice statunitense, ma riunisce esperti di Oxford, Harvard e dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Si basa sui dati di mortalità e le statistiche di fertilità di 21 paesi, da cui la stima che vedrebbe per almeno un milione di bambini la perdita di uno o entrambi i genitori entro i primi 14 mesi di pandemia. Il numero aumenta nei paesi più poveri, dove i pochi vaccini e le condizioni sanitarie diffuse causano più morti e di conseguenza più orfani.

In Inghilterra e Galles 8.495 minori avevano perso un genitore alla fine di aprile 2021, pari a 0,6 ogni mille bambini, ha concluso lo studio. In Sudafrica 4,4 bambini ogni mille sono rimasti orfani a causa del Covid. In Messico, 3,3 su mille, in Brasile, 2,1 su mille, e negli Stati Uniti, 1,4 su mille. La nazione più colpita al mondo è il Perù, dove 92mila bambini hanno perso un genitore, circa uno su cento.

Più orfani di papà che di mamma
Le probabilità di perdere il papà sono superiori di cinque volte a quelle di perdere la mamma, in corrispondenza con il rischio di morte maggiore per uomini rispetto alle donne con questa patologia. I bambini sono poi a rischio di subire le conseguenze di un lutto così rapido e inatteso sulla propria salute sia mentale che fisica. Dagli stati dovrebbe arrivare un aiuto finanziario, scolastico e sanitario ben organizzato per minimizzare i danni. Ora come ora, però, farlo è difficile.

Nei paesi più poveri inoltre, questi orfani da pandemia rischiano di finire in orfanotrofio: un’esperienza che li segnerà per tutta la vita. Seth Flaxman, un altro degli autori, ha ribadito: «Abbiamo un dovere verso questi bambini, dare loro il sostegno necessario per prosperare e vivere felici. Indentificare i volti dietro questi numeri e sostenere i sistemi di monitoraggio è necessario». www.sanitainformazione.it

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