Tratto OPI.IT 30/07/2015
Sentenza del Tar Umbria che dà ragione agli infermieri contro la richiesta di interruzione dell'attività del reparto di degenza infermieristica avanzata da alcuni sindacati e dall'Ordine dei medici. Riganelli (OPI): "Si valorizzano le competenze dei professionisti"
In Umbria il Tar ha deciso: il reparto di degenza infermieristica resta operativo. Il Tribunale amministrativo ha respinto la richiesta di sospensiva avanzata da alcuni sindacati e dall'Ordine dei medici: "Ha prevalso il buonsenso e ora pazienti ed operatori sanitari esprimono la loro soddisfazione", ha commentato in una nota l'Ao di Perugia dove la struttura è attivata.
Sulla vicienda aveva preso subito posizione, con una nota inviata agli organi di stampa per sensibilizzare l'opinione pubblica, il presidente del Collegio Palmiro Riganelli, sottolineando che se fosse stata accolto il ricorso i cittadini umbri avrebbero corso il rischio "di perdere un importante servizio da poco attivato presso l'ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia: l'Unità di degenza infermieristica, un servizio per persone ricoverate in ospedale in condizioni stabili che dopo essere state adeguatamente trattate e aver risolto uno o più problemi clinici determinati da una patologia, non necessitano più di interventi medici, ma devono solamente continuare l'attività assistenziale, prevalentemente infermieristica, in attesa di completare il loro percorso presso il proprio domicilio o nelle strutture residenziali, lasciando liberi posti letto per le urgenze".
"Piena soddisfazione per la decisione presa dal Tar ,che garantisce il proseguimento di un'attività assistenziale che continua a garantire confort ed assistenza in sicurezza a pazienti e familiari, nel pieno rispetto delle normative vigenti", è stata espressa anche dal direttore generale Walter Orlandi.
Il reparto, di 12 letti, era stato inaugurato il 4 maggio scorso e dopo pochi giorni di rodaggio aveva ospitato pazienti trasferiti da strutture di area medica che dovevano completare le terapie prima delle dimissioni o di essere avviati in strutture preposte per la riabilitazione. "Il nuovo reparto – spiega l'ufficio stampa dell'Ao - ha sensibilmente ridotto e in molti casi annullato il fenomeno del letto aggiuntivo nei corridoi".
I 12 posti letto erano stati allestiti in poco tempo, non appena il CREO (Centro di Ricerca Ematologia Oncologica) aveva iniziato l'attività nella nuova sede liberando così spazi per la degenza a gestione infermieristica. "Dopo una settimana di messa a punto dei percorsi assistenziali – ribadisce l'Ao - la struttura aveva accolto sempre più pazienti, permettendo così di elevare l'attività assistenziale e soprattutto di limitare a pochissimi casi, o addirittura ad eliminare i letti aggiuntivi nei corridoi. Ma il sindacati dei medici e lo stesso Ordine dei medici di Perugia hanno voluto presentare il ricorso, che il Tar ha respinto per quanto riguarda la sospensione della attività di degenza".
"Questa decisione - ha commentato Riganelli - salvaguarda un nuovo modello assistenziale che va sostenuto ed implementato anche nella nostra Regione perché assicura maggiore efficacia delle prestazioni, migliore qualità dell'assistenza, risultati clinici più appropriati secondo i principi della continuità e dell'umanizzazione delle cure, dell'integrazione professionale e dell'ottimizzazione dell'impiego delle risorse. Un cambiamento di cui la Regione Umbria e le sue aziende sanitarie sembrano finalmente aver colto l'importanza per puntare con decisione sul miglioramento dell'assistenza ai cittadini a partire dalla valorizzazione delle competenze specifiche dei suoi professionisti".
Altre decisioni, spiega l'Ao, sono state rinviate all'udienza del 23 Settembre.
Tratto da OPI.it 29/07/2015
Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl, Fials, Fsi, Nursind, Nursing-Up, Collegi e Associazioni delle professioni sanitarie sulla manovra: "Basta tagli, per cambiare il Ssn serve innovazione organizzativa e sviluppo professionale"
"Basta tagli, per cambiare la sanità serve innovazione organizzativa e sviluppo professionale. Così si rischia solo di mettere in ginocchio i servizi alla salute", FP-CGIL, CISL-FP, UIL-FPL, FIALS, FSI, NURSIND, NURSING-UP, Collegi e Associazioni delle professioni sanitarie prendono posizione contro il nuovo colpo di forbici previsto dal governo con il dl enti locali: "Il ministro della Salute dia piuttosto una risposta sull'attuazione dell'implementazione delle competenze".
"Siamo i primi a volere un SSN più sostenibile. Ma tagliare non vuol dire razionalizzare. La Sanità ha già messo sul piatto dai tagli lineari oltre 30 miliardi. Non si può chiedere altro se non a scapito della qualità del Servizio Sanitario Nazionale. Serve una vera riorganizzazione dei percorsi di cura e dei processi di lavoro: più integrazione tra le professioni, più adeguatezza nelle prestazioni, più attenzione ai bisogni delle persone, meno sprechi e meno gerarchia. E' così che si generano economie da reinvestire a vantaggio di tutti: operatori e pazienti".
"Il Servizio sanitario nazionale non ha bisogno di altri tagli ma di nuovi assetti organizzativi. Ecco perché chiediamo che il Ministro renda attuativa la norma sull'implementazione delle competenze avanzate, che vuol dire sviluppo professionale per tutte le professioni mediche e sanitarie, e prestazioni migliori da erogare attraverso nuovi mix produttivi. Riorganizzare mezzi, persone e funzioni per razionalizzare la filiera è l'unica strada per garantire ai cittadini e al sistema un reale recupero di efficienza senza ridimensionare i servizi: meno spesa inutile, meno procedure e più investimento nella presa in carico dei pazienti".
"E' ora di finirla con i tagli indiscriminati. Il Ministro dimostri coraggio promuovendo migliore efficienza organizzativa e valorizzando il processo di sviluppo promosso dalle Professioni Sanitarie che hanno accettato la sfida del cambiamento, unica strategia che può ancora rendere sostenibile il SSN".
Tratto da OPI.IT
Lettera della presidente della Federazione OPI a tutti i mezzi di comunicazione per evitare che il termine "infermiere" sia utilizzato per indicare operatori di altre professionalità che compiono atti e, spesso, illeciti o reati di varia natura
I "professionisti infermieri" chiedono aiuto ai "professionisti giornalisti". La Federazione nazionale OPI ha inviato a tutte le testate giornalistiche di carta stampata, agenzie, televisioni e radio, periodici, testate on line e specializzati, agli Ordini regionali dei giornalisti e alla Federazione nazionale della Stampa, una lettera (in allegato) in cui si chiede collaborazione ai media per evitare il ripetersi di una pratica frequente negli ultimi tempi: il termine "infermiere" è utilizzato a vario titolo per indicare operatori di altre professionalità che compiono atti e, spesso, illeciti o reati di varia natura. In sostanza negli ospedali (ma anche nei servizi sanitari sul territorio), sembrano esistere solo due categorie professionali da citare: medici e infermieri.
La Federazione su questo argomento ha anche messo in allerta i Collegi provinciali perché vigilino sull'utilizzo della qualifica di infermiere da parte dei media e ha inviato loro un modello, anche in questo caso a scopo "preventivo", di richiesta di rettifica a mezzo stampa secondo le regole dettate dalla legge. Una reazione tuttavia che proprio con la lettera ai media si vorrebbe evitare.
Gli errori maggiori a cui si riferisce la Federazione degli infermieri nella lettera sono avvenuti quando si utilizza la qualifica di infermiere attribuendola a personale ausiliario, a operatori sociosanitari o a operatori tecnici dell'assistenza e per questo "scrivo per tentare di scongiurare ulteriori pestaggi mediatici nei confronti di professionisti che, per come operano ogni giorno al fianco dei più deboli, certamente non lo meritano", spiega la presidente OPI, Barbara Mangiacavalli, nella lettera ai media.
L'ultimo caso in ordine di tempo è quello dell'ausiliario (non un infermiere come invece hanno riportato gran parte dei media) che ha palpeggiato una ottantenne in un grande ospedale di Roma, ma la "confusione" viene da lontano e si è arrivati anche a confondere professioni del tutto diverse tra loro e senza analogie. Nello scambio di embrioni per la fecondazione assistita accaduto all'inizio del 2014 a Roma, a esempio, l'azione, per sua implicita ammissione, era stata compiuta da una biologa, ma i titoli di molti giornali l'hanno attribuita a un infermiere.
Nella lettera, la Federazione OPI spiega che grazie alla collaborazione con i media si "può evitare agli infermieri di essere indicati come responsabili di comportamenti infamanti anche quando sono estranei ai fatti, cercando così di tranquillizzare la categoria e di conseguenza evitare richieste di rettifica a mezzo stampa che si stanno moltiplicando con effetti spiacevoli sia per i mezzi di comunicazione, dei quali – scrive la presidente - rispettiamo il servizio erogato, la necessità dell'attività e la sua utilità sociale, sia per i nostri professionisti, che hanno come obiettivo della loro attività la tutela della salute dei pazienti, soprattutto di quelli sempre in aumento anziani, non autosufficienti, affetti da patologie croniche e, in generale fragili, con esigenze di continuità assistenziale quindi e di lunghe terapie che vanno al di là dell'intervento in fase acuta e di diagnosi e prima terapia".
E riportando una breve descrizione-vademecum delle caratteristiche delle attività spesso confuse tra loro, la Federazione indica alla stampa nazionale la disponibilità con pochi clic anche di una verifica on line sul suo sito istituzionale dell'appartenenza alla professione di infermiere di chiunque abbia motivo di essere citato come tale.
"Sono certa – conclude Mangiacavalli rivolgendosi ai mezzi di comunicazione - della comprensione della necessità di questo chiarimento e chiedo collaborazione per evitare il ripetersi di tali situazioni e per poter tranquillizzare la categoria di cui faccio parte, lasciando agli infermieri la necessaria serenità nell'attività quotidiana in cui si prendono cura dei pazienti e la certezza che questi li riconoscano per quel che sono e non li guardino con un sospetto legato in realtà all'agire di altre figure non controllate, non responsabili e che noi, come Collegi professionali, non possiamo neppure sanzionare".