Alla fine il "taglio" da 2,352 miliardi è arrivato. Regioni e Governo hanno siglato l'intesa che prevede dal 2015 e per tutto il 2016 sulle misure che riguardano beni e servizi, dispositivi medici, specialistica, riabilitazione, cliniche private e personale. Il testoAlla fine il "taglio" da 2,352 miliardi è arrivato. Regioni e Governo hanno siglato l'intesa che prevede dal 2015 e per tutto il 2016 sulle misure che riguardano beni e servizi, dispositivi medici, specialistica, riabilitazione, cliniche private e personale, sulle quali hanno espresso il loro dissenso Veneto, Lombardia e Liguria non partecipando alla Stato-Regioni. Cosa che tuttavia non ha impedito l'intesa.
Il via libera è arrivato dopo che le Regioni hanno presentato alcuni emendamenti al testo del Governo: i 113 miliardi del Fsn 2016 non devono essere messi in discussione (anche se i tagli ci sono comunque visto che il Patto per la salute di miliardi nel 2016 ne prevedeva 115,444), il Patto per la Salute deve essere rivisto e anche le regole e i meccanismi dei tetti e del pay back della spesa farmaceutica. Sulla farmaceutica si aprirà un tavolo composto da Salute, Economia, Regioni e Aifa che, tenendo conto dell'andamento della spesa 2015, compresa quella sui farmaci innovativi, predisponga una proposta di revisione delle norme, pay-back comprese, nel rispetto degli equilibri programmati per il settore sanitario per arrivare a un'intesa Stato-Regioni entro il 10 ottobre.
Per i beni e servizi si prevede la rinegoziazione dei contratti di acquisto in essere, compresi i contratti di concessione di costruzione e gestione, per raggiungere uno sconto medio del 5% su base annua, con un risparmio previsto di 788 milioni nel 2015, 795 nel 2016 e 799 nel 2017.
Per i dispositivi medici si prevede la rinegoziazione dei contratti, ma non si indica una percentuale media di sconto fermo restando il tetto del 4,4%. E' individuata la previsione di tetti di spesa regionali, fermo restando quello nazionale, da fissare coerentemente con la composizione pubblico privata dell'offerta, secondo modalità da definirsi nell'ambito di un tavolo tecnico Stato-Regioni ed è previsto che le aziende produttrici dovranno concorrere già dal 2015 in proporzione all'incidenza del proprio fatturato sul totale della spesa, al ripiano dell'eventuale sfondamento del tetto programmato in misura del 40% per il 2015, del 45% nel 2016 e del 50% nel 2017.
Per quanto riguarda personale e strutture, le prestazioni specialistiche inappropriate saranno a carico del cittadino e sono prevsite penalizzazioni per medici che le prescrivono. Sarà un decreto ministeriale a individuare, entro 30 giorni dall'intesa, le condizioni di erogabilità e le indicazioni prioritarie per la prescrizione appropriata delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale ad alto rischio di inappropriatezza. Sanzioni anche per il direttore generale di Asl o ospedale che non abbia applicato le misure penalizzanti ai medici da valutare al momento della verifica dei risultati di gestione. Il risparmio previsto è di 106 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017
Ci sarà il ridimensionamento dei ricoveri di riabilitazione con tagli per le tariffe di quelli inappropriati (riduzione pari al 50% della tariffa fissata dalla Regione ovvero sarebbe applicata la tariffa media fissata dalla stessa Regione per i ricoveri di riabilitazione estensiva presso strutture riabilitative extraospedaliere. Per tutti i ricoveri oltre soglia clinicamente appropriati, la remunerazione tariffaria per i ricoveri ordinari e diurni, è ridotta del 60% per le giornate oltre-soglia) con un risparmio previsto di 89 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.
Risparmio di 12 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 dall'azzeramento previsto dai nuovi standard ospedalieri dei ricoveri in strutture convenzionate con meno di 40 posti letto che, a eccezione di quelle monospecialistiche, sono destinate a chiudere i battenti e la riduzione di 2.069 strutture complesse ospedaliere, sottoposte al nuovo parametro degli standard di posti letto previsto dal regolamento sull'attività ospedaliera, e di 8.718 strutture semplici legate a queste strutture complesse. Per la scelta di quali e dove tagliare varranno sempre le indicazioni e i parametri scritti nel nuovo regolamento sugli standard ospedalieri.
Altri risparmi sono previsti sulla spesa per il personale per la riduzione di strutture complesse e di strutture semplici che derivano dal riordino della rete ospedaliera con la riduzione degli incarichi di struttura semplice e complessa, a cui sono associate specifiche voci retributive che a normativa vigente confluirebbero nei fondi della contrattazione integrativa. Le risorse relative al trattamento accessorio liberate a seguito delle riorganizzazioni correlate al rispetto degli standard ospedalieri, non concorrerebbero inoltre all'ammontare complessivo dei fondi destinati annualmente al trattamento accessorio. Il risparmio previsto è di68 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.
Prevista anche la riduzione progressiva del numero delle Centrali operative 118, sempre in seguito alla riorganizzazione della rete ospedaliera, ma il risparmio non è stato ancora quantificato.
Rispetto all'ultimo testo si stabilisce che le Regioni si impegnano a rivedere la programmazione degli investimenti già programmati per il 2015 e non ancora effettuati per assicurare economie non inferiori a 300 milioni nel rispetto dei Lea. Per questo la Conferenza delle regioni dovrà darne informazione al tavolo di verifica degli adempimenti entro 30 giorni dalla sottoscrizione dell'intesa.
L'intesa prende poi atto della riduzione dal 2015 (e fino al 2016), di 2,352 miliardi del fondo sanitario, prevedono anche la possibilità che le Regioni possano raggiungere gli obiettivi di risparmio con misure alternative a quelle prevsite.
In campo anche nuove misure per la governance del sistema sanitario
per garantire maggiore efficienza al sistema sanitario da considerare nell'ambito del lavoro di spending review in atto da parte del Governo:
riorganizzazione e ripensamento del sistema aziendale pubblico in una logica di valutazione e miglioramento della produttività, intesa quale rapporto tra il valore prodotto (in termini quantitativi e economici) ed i fattori produttivi utilizzati (in termini quantitativi e economici);individuazione e utilizzo di indicatori standard relativi alla gestione degli immobili, strumentali e non, delle aziende sanitarie pubbliche;valutazione e valorizzazione delle esperienze ed iniziative in ambito di servizi sovra-aziendali, allo scopo di diffondere rapidamente ed efficacemente le migliori pratiche;valutazione della possibilità di realizzazione di un centro di competenza nazionale in materia di stesura dei capitolati per l'acquisizione di beni e servizi.
Infine, Governo e Regioni sembrerebbero decise a introdurre modifiche normative sulla responsabilità civile e penale dei professionisti della salute, in modo da favorire l'appropriatezza prescrittiva e limitare gli effetti della medicina difensiva.
IN ALLEGATO IL TESTO FINALE DELL'INTESA STATO-REGIONI
Tratto da opi.it
Con l'archiviazione del Gip di Tivoli della richiesta di ipotesi di esercizio abusivo della professione per 100 infermieri dipendenti non iscritti ai Collegi ai è riacceso in questi giorni il dibattito sull'obbligatorietà dell'iscrizione dei pubblici dipendenti agli albi professionali. Ecco perché c'è l'obbligoSi è riacceso in questi giorni l'annoso e trito dibattito sull'obbligatorietà dell'iscrizione dei pubblici dipendenti agli albi professionali. Causa scatenante, la pronuncia del Giudice per le indagini preliminari di Tivoli, che ha accolto la richiesta di archiviazione del Pubblico ministero per quanto riguarda l'ipotesi di reato di esercizio abusivo della professione per 100 infermieri di una Asl romana che a seguito di una indagine dei Nas non risultavano iscritti ad alcun Collegio.
La decisione di archiviazione - che non ha prodotto nessuna sentenza e rende quindi impossibile intervenire ulteriormente - si basa sulla più volte utilizzata distorsione interpretativa della legge 43/06 in quanto si richiama al fatto che il Governo non ha mai provveduto a dare corso alla delega conferitagli dalla stessa legge (art.4) per trasformare i Collegi in Ordini.
La legge 43/06 "Disposizioni in materia di professioni sanitarie e infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali" non subordina affatto l'obbligo di iscrizione all'albo professionale all'esercizio della delega al Governo per la trasformazione dei Collegi in Ordini.
L'estensione dell'obbligo di iscrizione ai pubblici dipendenti, infatti, è scritto al comma 3 dell'articolo 2 della legge 43/06 ove sono previsti i requisiti per l'esercizio della professione e non nell'articolo 4 ove è prevista la delega al Governo per la trasformazione dei Collegi in ordini, scaduta senza che vi sia stato dato corso.
L'art. 4 della legge 43/06 è quindi l'unica parte della legge inapplicabile.
In tal modo si è espresso anche nel 2014 l'allora sottosegretario alla Salute Paolo Fadda che rispondendo a un'interrogazione sulla sentenza della Corte di Cassazione 6491/2009 circa l'eventuale non obbligatorietà di iscrizione agli albi per i dipendenti, ha spiegato che "la recente legge n. 43 del 2006, al comma 3 dell'articolo 2, prevede l'obbligatorietà dell'iscrizione all'albo professionale per gli esercenti le professioni sanitarie, estesa anche ai pubblici dipendenti, quale requisito essenziale ed indispensabile per poter svolgere senza condizioni l'attività sanitaria sia come libero professionista sia nell'ambito del rapporto di servizio in regime di lavoratore dipendente. Pertanto permane valido, allo stato attuale, quanto previsto dalla citata legge n. 43 del 2006. Per quanto attiene alla operatività della stessa legge n. 43 del 2006 e, di conseguenza, alla possibilità di attuazione dei principi ivi contenuti, si osserva che soltanto l'articolo 4, concernente la concessione della delega al Governo per l'istituzione degli ordini e degli albi professionali, risulta essere inapplicabile, in quanto il termine temporale per la presentazione del relativo decreto legislativo è scaduto. I restanti articoli della legge n. 43 del 2006, e quindi anche l'articolo 1, sono vigenti".
Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali in una nota, inviata alla Federazione OPI nel gennaio 2009 aveva già sottolineato che: "alla luce di quanto previsto dal dettato normativo della legge 1° febbraio 2006, n. 43, l'obbligatorietà dell'iscrizione all'albo professionale sancita dall'art. 2 gennaio comma 3, estesa anche ai pubblici dipendenti, è requisito essenziale ed indispensabile per poter svolgere senza condizioni l'attività sanitaria sia come libero professionista, sia nell'ambito del rapporto di servizio in regime di lavoratore dipendente".
E ancora in tal senso si era espressa fin dal 2002 (ancor prima della legge 43/2006, quindi), la Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie, affermando che " nel vigente ordinamento l'esercizio di una professione sanitaria, quale è anche, e senza ombra di dubbio alcuno, quella dell'infermiere, presuppone l'iscrizione al rispettivo (Albo o Collegio professionale), competente per territorio; e questo sia come libera professione che come lavoro dipendente nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (decisione C.C.E.P.S. n. 178/2001). In via specifica, si richiama altresì quanto previsto per i professionisti sanitari dipendenti dal S.S.N. all'art. 1, comma 2, del D.P.R. n. 761/1979, in combinato disposto con l'allegato 1- ruolo sanitario - tabella I - personale infermieristico". Vi è, poi, il D.M. del Ministero della Sanità n. 739/1994, che all'art. 1 recita "E' individuata la figura professionale dell'infermiere con il seguente profilo: l'infermiere è operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo è responsabile della assistenza generale infermieristica". Da ultimo, si veda anche il D.P.R. 27 marzo 2001, n. 220, con cui è stato approvato il "Regolamento recante disciplina concorsuale del personale non dirigenziale del S.S.N.", che all'art. 2, lett. d), fissa come requisito generale di ammissione ai concorsi "... l'iscrizione all'albo professionale, ove richiesto per l'esercizio professionale". Alla luce di tale normativa la Commissione Centrale ravvisa l'obbligo del ricorrente di iscrizione al Collegio professionale, in costanza di attività infermieristica sia essa libero professionale che alle dipendenze di un'Azienda Ospedaliera. (decisione n. 84 del 13 dicembre 2002)".
Con la distorsione interpretativa e l'archiviazione viene raggiunto l'obiettivo di evitare il licenziamento dei 100 infermieri per esercizio abusivo della professione.
Non merita commentare la costante strumentalizzazione che alcuni mettono in atto ogni qual volta viene trattato il tema iscrizione a uno degli Albi tenuti dai Collegi OPI; iscrizione che è un obbligo giuridico - oltre che deontologico - che non può essere disatteso in quanto definito e normato per poter esercitare la professione infermieristica.
Tratto da Infermieristicamente.it di Chiara D'Angelo
Riportiamo una breve intervista al neo presidente del Collegio OPI di Teramo, Cristian Pediconi, sui temi caldi della professione: coesione, rappresentanza, autonomia, riconoscimento.
1. Presidente Pediconi, recentemente lei ha partecipato all'evento "L'infermiere (incompiuto) nelle nuove aree professionali" e vi ha partecipato in veste di neo presidente di un Collegio OPI. Quali le sue impressioni e riflessioni?
L'evento recentemente conclusosi mi ha offerto un'importante opportunità di confronto con altri rappresentanti della professione infermieristica a livello nazionale. Si è trattato di un momento di condivisione e scambio di idee e punti di vista, nonché di crescita personale e professionale, vista anche la carica che da pochi mesi ho il piacere di ricoprire.
Durante l'esperienza di Pugnochiuso, credo sia stato molto significante il tentativo comune di voler assicurare alla nostra professione il giusto riconoscimento anche se purtroppo con ancora troppe diversità d'intenti.
2. Secondo lei cosa frena la categoria infermieristica dal manifestare tutta la sua potenzialità? Com'è possibile che una professione così importante sia allo stesso tempo ancora così sottostimata socialmente ed economicamente?
Sicuramente rappresentiamo una categoria ancora troppo disomogenea e non compatta, al contrario di altre professioni. Questo ci penalizza quando si tratta di dover dar voce alle nostre esigenze. Spesso siamo dispersi tra varie sigle sindacali che non focalizzano l'attenzione su cosa sia realmente giusto per la nostra categoria. Al contrario di altri Paesi, viviamo un sistema che spesso non facilita l'unione ma favorisce dispersione e contrasti all'interno della stessa categoria provocandone un indebolimento. Queste situazioni contribuiscono a lasciare inespressa la nostra forza, con la difficoltà di pretendere quella dignità sociale che meritiamo, in qualità di uomini e professionisti.
3. Le competenze avanzate, che rispecchiano quanto in molti casi già accade nella realtà quotidiana, potrebbero dare un riconoscimento ad uno stato di fatto, ma forse non risolvere la "questione infermieristica" anche, se non soprattutto, perchè riguarderebbero una cerchia ristretta di infermieri, non "gli infermieri". Qual'è la sua opinione al riguardo?
Per tentare di risolvere la "questione infermieristica" credo sia importante non perdere di vista la finalità e il senso della nostra professione. A tal fine ritengo che il nostro principale obiettivo debba essere rivolto ad ottenere il giusto riconoscimento, sociale ed economico, in primis della figura dell'infermiere di base. Le competenze specialistiche, necessarie e che fanno onore alla nostra categoria professionale, dovrebbero essere gestite all'interno del sistema in maniera da non offuscare il ruolo primario dell'infermiere di base.
4. Il suo augurio personale alla nostra categoria professionale.
Il mio augurio è quello di poter vedere un giorno la professione infermieristica riconosciuta in maniera adeguata nel tessuto sociale ed economico del nostro Paese, ricordandoci sempre che al centro della nostra professione c'è la vita umana ed il bisogno di preservarla.
Sogno di poter vedere infermieri nelle corsie ospedaliere e o sul territorio, con quella autonomia professionale che l'Europa ci chiede ormai da tempo.
Grazie Presidente, buon lavoro.