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Il nuovo direttivo 2022-2024 della Società Italiana di Scienze Infermieristiche

SISI-FOTO-2Il 20 maggio scorso l’assemblea ordinaria della Società Italiana di Scienze Infermieristiche (S.I.S.I.) ha rinnovato i propri Organi istituzionali.
 
Il nuovo Consiglio Direttivo, per il triennio 2022-2024, è composto da:
 
Prof.ssa, Rosaria ALVARO – Ordinario Scienze Infermieristiche, Università Tor Vergata Roma, Presidente
 
Prof. Loreto LANCIA – Ordinario Scienze Infermieristiche, Università dell’Aquila, Vicepresidente
 
Prof.ssa Annamaria BAGNASCO – Ordinario Scienze Infermieristiche, Università di Genova
 
Dott. Giancarlo CICOLINI – Ricercatore T.D., Università di Bari
 
Prof. Alberto DAL MOLIN – Associato Scienze Infermieristiche, Università Piemonte Orientale, Segretario
 
Prof.ssa Daniela MECUGNI – Associato Scienze Infermieristiche, Università di Modena e Reggio Emilia, Tesoriere
 
Dott. Silvio SIMEONE – Ricercatore T.D., Università di Catanzaro
 
Inoltre nella stessa data stato eletto anche il Collegio dei Docenti delle Scienze Infermieristiche Generali, Cliniche e Pediatriche (MED-45) così composto:
 
Prof.ssa Rosaria ALVARO – Ordinario Scienze Infermieristiche, Università Tor Vergata Roma, Presidente
 
Prof.ssa Maria Grazia DE MARINIS – Ordinario Scienze Infermieristiche, Università Campus Biomedico Roma, Vice Presidente
 
Prof. Valerio DI MONTE – Ordinario Scienze Infermieristiche, Università di Torino
 
Prof. Loreto LANCIA – Ordinario Scienze Infermieristiche, Università dell’Aquila, Vicepresidente
 
Prof.ssa Alvisa PALESE – Ordinario Scienze Infermieristiche, Università di Udine
 
Al nuovo direttivo della S.I.S.I. e al Collegio dei Docenti delle Scienze Infermieristiche Generali, Cliniche e Pediatriche i migliori auguri e complimenti della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche
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Università Tor Vergata (Roma): dottorato di ricerca in Scienze infermieristiche e Sanità pubblica

professioni sanitarie universit-700E’ stato attivato all’Università di Roma Tor Vergata per l’anno accademico 2022-2023 (XXXVIII ciclo) il corso di dottorato di ricerca  in Scienze infermieristiche e Sanità pubblica.
 
Il termine per la presentazione delle domande – che dovranno essere presentate esclusivamente on line, previa registrazione al sistema – sono le ore 14 del 25 luglio prossimo e i candidati devono essere in possesso della laurea magistrale.
 
Il Dottorato di Ricerca in Scienze Infermieristiche e Sanità Pubblica coniuga due indirizzi diversi, uno dedicato agli studenti con Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche, l’altro ai laureati in Medicina e Chirurgia con indirizzo in Sanità Pubblica, in una medesima visione di Sanità moderna, centrata sul paziente e la sua famiglia, diffusa sul territorio, multidisciplinare ed attenta agli aspetti preventivi, organizzativi ed economici della assistenza.
 
La prova scritta si compone di due parti:
 
Parte generale: verrà richiesto al candidato di rispondere a domande aperte su argomenti di metodologia della ricerca, igiene, epidemiologia e sanità pubblica.
Parte specifica: verrà richiesto al candidato di approfondire una parte del progetto di ricerca presentato e che si intende sviluppare nel triennio del dottorato.
La prova orale prevede un colloquio con il Candidato al fine di comprendere le sue attitudini alla ricerca scientifica e la fattibilità del progetto presentato.
 
Eventuali modifiche ai requisiti di concorso e alle procedure per la presentazione delle domande di ammissione e/o al numero di posti e di borse di studio disponibili, saranno rese note, prima della scadenza del bando, esclusivamente sul sito web http://dottorati.uniroma2.it,
 
I criteri di assegnazione dei punteggi, verranno deliberati da una Commissione Giudicatrice – nominata con Decreto Direttoriale la cui composizione verrà resa nota con almeno una settimana prima rispetto all’inizio delle prove concorsuali – nella seduta preliminare, prima della valutazione dei titoli, e successivamente resi pubblici, a beneficio dei candidati.
 
La Commissione dispone di un punteggio massimo di 100 punti per la valutazione dei titoli e delle prove e l’idoneità al concorso si consegue con un punteggio minimo di 60/100.
 
Ulteriori indicazioni verranno fornite sul sito: http://dottorati.uniroma2.it.
 
Clicca qui per leggere il bando.
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Infermieri: aggrediti 130mila l’anno. Le cause, le azioni e i costi (fino a 34 milioni)

infermiere-aggredito-napoliLe aggressioni (fisiche e/o verbali) sul posto di lavoro colpiscono in media in un anno un terzo degli infermieri – la categoria professionale più numerosa in assoluto del Servizio sanitario nazionale e della Sanità in generale -, il 33%, circa 130mila casi, con un ‘sommerso’ non denunciato all’INAIL di circa 125mila casi l’anno. Il 75% delle aggressioni riguarda donne.
 
Chi non ha segnalato l’episodio, lo ha fatto perché, nel 67% dei casi ha ritenuto che le condizioni dell’assistito e/o del suo accompagnatore fossero causa dell’episodio di violenza, nel 20% convinto che tanto non avrebbe ricevuto nessuna risposta da parte dell’organizzazione in cui lavora, il 19% ritiene che il rischio sia una caratteristica attesa/accettata del lavoro e il 14% non lo ha fatto perché si sente in grado di gestire efficacemente questi episodi, senza doverli riferire.
 
Le conseguenze materiali per i professionisti delle aggressioni fisiche vanno nel 32% dei casi da escoriazioni e abrasioni a fratture e lesioni dei nervi periferici, fino anche – seppure in pochi casi – all’invalidità
 
La principale conseguenza psicologica è il burnout che colpisce il 10,8% degli infermieri che hanno subito violenza: attualmente quelli in burn out per questa e altre cause (stress da lavoro) sono il 33 per cento.
 
Anche gli assistiti corrono rischi. La violenza è nella maggior parte dei casi legata alla carenza di personale e alle sue conseguenze sui servizi: un’assistenza efficiente (con la riduzione del rischio di mortalità fino al 30%) si ha con un rapporto infermiere/paziente 1 a 6; allo stato attuale il rapporto medio nazionale è 1 a 12.
 
I danni però sono anche economici per il sistema. Secondo lo studio CEASE-IT promosso dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, svolto da otto università italiane, capofila l’Università di Genova, sono anche economici. Il 32% degli infermieri riferisce di aver ricevuto violenza, con una media annuale di 15 episodi per singolo infermiere. In tutto, il 4.3% riferisce assenza dal lavoro a causa di violenza subita e questo, se l’assenza è di almeno tre giorni vale circa 600 euro a caso che moltiplicati per il numero degli infermieri coinvolti in un anno sale a oltre 11 milioni di euro, considerando la prevalenza dell’evento sulla popolazione infermieristica italiana.
 
Ma se l’assenza raggiunge i 7 giorni la stima di CEASE-IT triplica il costo per singolo evento (1.800 euro) e si raggiungono fino a oltre 34 milioni di euro/anno di costi totali a carico a carico del sistema e della società per la violenza sugli infermieri.
 
I dati sono stati presentati da Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI e Annamaria Bagnasco, ordinario di Scienze infermieristiche all’Università di Genova e coordinatrice della ricerca, al seminario “#rispettachitiaiuta – La sicurezza degli operatori sanitari”, organizzato al Senato su iniziativa del senatore Gaspare Marinello e al quale sono intervenuti numerosi onorevoli e senatori e i rappresentanti di tutte le professioni sanitarie.
 
“Lo studio ha dimostrato che gli infermieri conoscono i tratti e le caratteristiche di un potenziale comportamento di aggressione fisica o verbale; tuttavia, per varie ragioni non riescono a intercettare e prevenire questi episodi”, spiega Annamaria Bagnasco. “Una delle concause dimostrate dallo studio – aggiunge – è la comunicazione inadeguata che avviene tra il personale e l’assistito e/o l’accompagnatore; tuttavia, i processi comunicativi sono ampiamente influenzati dall’ambiente di lavoro, dallo staffing (carenza) e dal benessere dei professionisti”.
 
Il rischio di aggressioni è maggiore aumentando il carico di lavoro assistendo un paziente in più durante l’ultimo turno lavorativo, aumenta del 4% la probabilità di sperimentare violenza. Riconoscere il comportamento agitato dell’assistito come fattore predittivo degli episodi di violenza aumenta del 66% la probabilità di subire violenza rispetto a coloro che non riconoscono questo comportamento come fattore predittivo.
 
Lavorare come infermiere nell’area dell’emergenza/urgenza aumenta di oltre due volte la probabilità di subire violenza rispetto a lavorare in area medica. Lavorare come infermiere nell’area della salute mentale aumenta di oltre quattro volte la probabilità di subire violenza rispetto ad altri contesti.
 
Tra i fattori che diminuiscono le aggressioni è risultata significativa l’età; infatti, all’aumentare dell’età degli infermieri diminuisce del 3% la probabilità di subire violenza.
 
Gli infermieri che riconoscono l’uso di sostanze illecite da parte degli assistiti come fattore predittivo di episodi di violenza hanno il 36% di probabilità in meno di subire violenza rispetto a coloro che non riconoscono questo fattore come predittivo.
 
La presenza di procedure chiare per la gestione degli episodi di violenza sul luogo di lavoro riduce la probabilità di subire violenza del 26% rispetto ai luoghi di lavoro sprovvisti di tali procedure.
 
“Per restituire dignità all’attività professionale e garantire la sicurezza degli infermieri durante l’orario lavorativo – spiega Barbara Mangiacavalli – è quanto mai urgente inserire questa professione tra le categorie usuranti, mentre ora è riconosciuta soltanto la classificazione tra i “lavori gravosi. Lo studio – aggiunge – descrive le caratteristiche degli episodi di violenza e individua i fattori predittivi e le cause. I correttivi di cui c’è bisogno derivano da qui”.
 
I casi non denunciati (e quindi non risarciti dall’INAIL) sono circa il 95% di quelli effettivi e quindi il trend esula dalle attuali forme di risarcimento del danno.
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