Nelle sedi di corso universitario su 1175 ruoli disponibili per Infermieristica le richieste per partecipare ai test di ingresso si fermano a 1052
Sono sempre più richiesti, nella Sanità pubblica come in quella privata, ma ce ne sono sempre meno. Sembra un paradosso, è la realtà degli infermieri, non solo in Piemonte: anche se la nostra regione brilla, al contrario, per carenza di domande rispetto ai posti disponibili.
Ed eccoci al punto. Un fanalino di allarme che, manco a farlo apposta, scatta in occasione del trentennale della professione infermieristica: era il 14 settembre 1994 quando il Ministero sancì per la prima volta che l’infermiere non era un esecutore di procedure prestabilite ma un professionista sanitario con la responsabilità di decidere autonomamente o in collaborazione le cure infermieristiche da attuare per quel determinato paziente.
Il trentennale di professione
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. La realtà di oggi, segnalata dal sindacato Nursind Piemonte, rimanda a numeri inequivocabili in ambito universitario. «Complessivamente ci sono 1175 posti disponibili per infermieristica ma le domande per la partecipazione ai test di ingresso sono 1052 - calcola Francesco Coppolella, segretario regionale - Ben 123 in meno. Tutte le sedi fanno segnare il segno meno, tranne Asl Città di Torino e Citta della Salute che compensano solo in minima parte la forbice tra fabbisogno e domande di ingresso nella nostra Regione».
Non che nel resto d’Italia le richieste abbondino. Nel 2014, a fronte di 16 mila posti, le domande erano state quasi 19 mila. Quest’anno l’offerta complessiva degli Atenei è di 20.174 posti e le domande si fermano a 21.250. Niente a che vedere con il 2010, quando ci furono 46.281 domande per soli 16.679 posti.
“Siamo indignati per il recente episodio di violenza nei confronti del personale sanitario di Foggia e, insieme alla FNOMCeO e i nostri rispettivi Ordini provinciali, chiediamo una risposta esemplare di Stato e Regioni”. Così la presidente della FNOPI, Barbara Mangiacavalli.
“Azioni criminali come quelle che purtroppo abbiamo visto dai video diffusi dagli stessi sanitari aggrediti non possono essere in alcun modo tollerati – evidenzia la presidente -Chiediamo di essere difesi e messi nelle di sicurezza per poter operare. Ai colleghi aggrediti, al presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Foggia – conclude – vanno la nostra vicinanza e la nostra solidarietà, così come siamo vicini alla famiglia della giovane nel dolore per la grave perdita. Alle istituzioni preposte rinnoviamo la richiesta, sempre più urgente, di misure e soluzioni per una situazione che sta diventando sempre più insostenibile e intollerabile“.
L’aggressione avvenuta lo scorso mercoledì 4 settembre al Policlinico Riuniti di Foggia ha riacceso l’attenzione su un problema rispetto al quale da tempo si chiedono azioni concrete e che non accenna a risolversi, generando al contrario, un’escalation di episodi violenti nei confronti del personale sanitario.
Nella notte tra domenica 8 settembre e lunedì 9 settembre, infatti, sempre al Policlinico Riuniti, si è verificata una nuova aggressione. Tre infermieri sono stati colpiti con schiaffi, pugni e calci da un giovane, giunto al pronto soccorso in evidente stato di alterazione. Mentre gli infermieri lo stavano registrando il paziente ha iniziato ad inveire contro i tre operatori sanitari colpendoli con calci e pugni.
Sul posto è stato necessario l’intervento dei carabinieri che hanno identificato e denunciato l’aggressore e avviato le indagini.
La primaria Perin: "Le abbiamo provate tutte per prevenire episodi violenti, non sappiamo più come fare"
E' stata l’ennesima aggressione. L’ennesima notte in trincea per i medici e gli infermieri che lavorano al pronto soccorso dell’Infermi. "Quanto accaduto domenica è gravissimo, ed è solo l’ultimo episodio. Al pronto soccorso di Rimini la situazione si è fatta insostenibile. E non bisogna stupirsi se poi tanti colleghi lasciano il pronto soccorso per lavorare altrove". Maurizio Grossi, il presidente dell’ordine dei medici di Rimini, è un fiume in piena. "Siamo di fronte a una vera emergenza. Le aggressioni ai sanitari del pronto soccorso sono sempre più frequenti, va trovata una soluzione vera. Chiediamo alla Prefettura, all’Ausl e a tutti gli organi competenti di dare risposte". Per Grossi "il pronto soccorso di Rimini deve essere presidiato 24 ore su 24 dalle forze dell’ordine. Deve tornare a essere un posto sicuro per chi ci lavora e per i pazienti". Quest’estate i controlli – su indicazione della Prefettura – sono stati rafforzati. Rimane il problema delle ore serali e notturne, quando non c’è presidio fisso.